[Guida] Diventa una Key Person of Influence

Abbiamo già visto che se le persone cercano un punto di riferimento, questo non può che essere una persona e non un’azienda. E’ qui che arriva l’asset fondamentale: avere una Persona Chiave Influente.

Adesso proviamo un giochino per capire il vero motivo per cui devi entrare nella logica di “persona chiave influente”. L’obiettivo è toglierti la maschera e iniziare a comunicare come persona e non come azienda. Sei tu. Non è l’azienda. Il gioco è questo: ti faccio vedere una foto, e tu mi dici il nome dell’azienda.

Facebook, giusto? Questo chi è? Mark Zuckerberg. Secondo te questo ragazzo è famoso perché Facebook è famosa, o è famoso perché ha fatto crescere Facebook? Viene prima lui o prima Facebook? Viene prima lui. Facebook è Facebook perché questo personaggio l’ha portata dov’è oggi. Un’azienda è famosa perché c’è qualcuno dietro che la rende famosa. Le aziende nascono dalle persone. Devi conoscere le persone per innamorarti dell’azienda. 

Chi è questo? Steve Jobs della Apple. Apple è nata così come la conosciamo e funzionava già così… o funziona perché c’era questo signore qui a tenerne le redini?

Chi è questo? Elon Musk. E l’azienda è? Tesla.

Andiamo avanti. L’azienda? Microsoft. Questo è Bill Gates.

L’uomo più ricco del mondo. Jeff Bezos di Amazon. 

Larry Page di Google. Ora, perché Google potrebbe uscire un pochino da questa logica? A parte perché sono due i soci fondatori, che va bene, ma è perché Google è un servizio talmente potente e talmente innovativo (nel senso che risolve il bisogno più importante di tutti, il “bisogno della domanda”, di soddisfare la propria curiosità) che vive praticamente di natura propria. È una dei pochi casi. Però Google, senza questo tizio qua e l’amico, Sergey Brin, non lo so se esisterebbe oggi.

Poi: Enzo Ferrari. Ferrari è Ferrari ma perché quest’uomo l’ha fatta diventare Ferrari.

Che azienda viene in mente qua? Secondo te Mediaset è Mediaset per Berlusconi, o Berlusconi è Berlusconi grazie a Mediaset? Questo l’impero se l’è creato con le sue mani. Solo dopo viene tutto il resto. 

Secondo te Eataly guidata da me è la stessa cosa di Eataly guidata da Oscar Farinetti? Lasciamo stare l’imprenditore bravo, non bravo… ovviamente no, non sarebbe la stessa cosa. Il successo di Eataly dipende da Oscar.

Questa è particolare: che azienda di energia ti viene in mente? Ecco, esistono modelli dove il fondatore e la “persona chiave influente” a livello di marketing non sono la stessa persona. Chi è l’amministratore delegato di EDISON? 

Stesso ragionamento di sopra. A che azienda legate quest’altra persona? ENEL. ENEL sta facendo il ragionamento che ti ho detto prima: chi è l’amministratore delegato di ENEL? Chi è il capo della divisione business nel mercato di ENEL? Nicola Lanzetta. Vai su Linkedin a vedere Lanzetta che cosa fa. Scrive i post. Fa gli articoli. Commenta. Lo fa il capo della divisione business di ENEL. Quindi tu non puoi nasconderti la faccia dietro le mani. 

A chi la legate Gigi Proietti? GREEN NETWORK. Green Network sta avviando un’altra attività molto figa. In Inghilterra, Green Network UK, Sabrina Corbo si vede. La persona chiave nel progetto inglese di GN si vede. È presente, partecipa ed è attiva. In Italia Green Network si è appoggiato al testimonial. Ma in Gran Bretagna dove il marketing è già in un mondo diverso, lì funziona. Hanno cambiato il modello.

3.5.1 Come “partire dalla persona per poter spingere l’azienda”

Adesso possiamo aprire il caveau del “company personal branding”. 

Ti mostrerò come comunicare le stesse cose che comunichi oggi ma, invece di farlo come azienda, ti insegnerò a farlo come persona. Perché? Guarda questa foto. 

Questo lo riconosci?

È il più grande uomo della pubblicità al mondo. David Ogilvy. E ha detto una cosa semplice. Guarda quanto è semplice, quanto è banale. 

Se non sei in grado di pubblicizzare te stesso, come puoi pretendere – e quante probabilità hai – di poter pubblicizzare qualcos’altro?

Ebbene, vediamo come far diventare questa frase realtà.

Tendenzialmente, gli imprenditori creano l’azienda per spingere loro stessi. Si aspettano che l’azienda coi suoi risultati in qualche modo riesca a spingerci. In realtà non è così. Sei tu l’imprenditore che, con le tue azioni, spingi la tua azienda. E dobbiamo partire dal discorso di Ogilvy che abbiamo visto prima: «Se non siamo in grado di pubblicizzare noi stessi, ma come pensiamo di poter pubblicizzare la nostra azienda?»

Prima di affrontare questo, volevo condividere con te una domanda che Saverio, un ospite dei Truffavendoli, mi ha fatto durante il corso. Mi ha chiesto: «Giuseppe, mi spieghi come ti è venuta l’idea dei dollarini?». 

E io sarò felice di rispondere qui perché questo è il segreto del successo. Perché il successo è un segreto e conoscerlo fa tutta la differenza di questo mondo: il segreto del successo è far ottenere risultati ai tuoi clienti. Sembra una banalità, vero?

Tuttavia non devi mai darlo per scontato. È necessario fare sempre il possibile per assicurarti che il tuo cliente raggiunga i risultati che desidera. Io per sapere se riesco in questo intento, faccio sempre dei sondaggi “post-evento”. Chi ha partecipato l’ha ricevuto subito dopo. Truffavendoli? Sondaggio. “ABC del Reseller”? Sondaggio. Secondo Truffavendoli? Sondaggio. Secondo “ABC del Reseller”? Sondaggio. Grazie a questi sondaggi cerco di affinare l’evento piano piano e migliorarlo sempre di più. 

E per farlo ho bisogno di avere un feedback dalle persone che aiuto ad ottenere dei risultati. All’inizio del manuale te l’ho anticipato, ricordi? 

Uno dei limiti degli eventi dei Truffavendoli era che le persone in qualche modo si impegnavano poco a scambiare biglietti da visita e fare network. Mi sono messo lì a pensare come potevo migliorare questo piccolo aspetto. Addirittura, al primo corso dei Truffavendoli misi addirittura la lista dei partecipanti. Qualcuno disse: «No ma il mio nome… il mio contatto… perché hai dato la mia mail?…» ecc… 

Quindi ho deciso di eliminare la possibilità di avere nome, mail e telefono di tutti i partecipanti per creare network, ma ho dovuto trovare un’altra soluzione. Per rispondere alla domanda di Saverio, il motivo dei dollarini è cercare di fare il possibile per far raggiungere un risultato importante ai miei clienti. 

Un’altra domanda che mi è stata fatta, stavolta da Alberto, è: «C’è una statistica per cui ad un TOT investimento pubblicitario ottieni un TOT risultato?». Anche in questo caso ho una risposta chiara, diretta e semplice. 

Tendenzialmente tutti gli strumenti on-line fatti come vediamo in tutti i materiali che butto fuori (quindi “a risposta diretta”) permettono di poter misurare il risultato. Quindi non c’è una statistica generale, ma puoi sapere su un certo strumento usato, dato l’investimento, quanti “risultati” hai ottenuto (quindi cosa ti ha portato in termini di lead, soldi, ecc…), con delle differenze. 

Se parliamo di “risultato clienti acquisiti”, impossibile. Non esiste NESSUNO strumento che ti dice “investi X € per ottenere X clienti potenziali indietro”. Se invece parliamo di visibilità, assolutamente sì! Puoi andare su Facebook e vedere quante persone puoi raggiungere con X € d’investimento. 

Poi esistono altre statistiche per altri strumenti. Per esempio, su Google puoi decidere di investire X € su alcune parole chiave e Google mi dice quanti “click” puoi avere con quelle parole chiave e con quegli € investiti. Il bello del marketing e del marketing diretto on-line è che è misurabile. Tuttavia, non ti voglio far imboccare questa strada, perché siamo ancora un pochino indietro. 

Onestamente, sono un po’ “contro” i formatori che dicono: «Devi avere tutto centellinato, preciso, perché non devi andare dalla web agency, non devi fare questo, perché…». Calma. Ci sono casi e casi. Io posso andare dalla web agency a dirgli «Questi sono 12 mila euro, fai tu, però voglio il risultato». 

Tu secondo me dovresti partire da un passetto indietro – per poi arrivare a farlo anche tu, s’intende. Per ora il punto focale è riuscire a mettere mano al portafoglio (perché senza soldi non si fanno né clienti, né visualizzazioni, né click, né niente), decidere che budget vuoi investire e qual è il rischio massimo che vuoi affrontare da investitori. 

Quando hai deciso: «Ok, voglio investire 12 mila euro», invece di investirli andando dalla web agency e farvi fare la campagna Facebook per acquisire clienti, li devi investire in una maniera leggermente diversa ma che ti porta sicuramente dei risultati. Questo perché, ad esempio, fare brand awareness con Buzzoole (o con altri strumenti che ti dirò dopo), Facebook o altro ti garantisce – almeno territorialmente – di raggiungere il tuo target cliente. E lavorando su questo tipo di database, i soldi non sono mai persi, perché comunque alla peggio sono clienti già tuoi. 

Te l’ho detto all’inizio, e te lo ripeto: non devi andare su Facebook o su Google a mettere “budget per tutti”. Non è la strategia numero uno. Non si inizia così. Adesso tu devi prima definire la strategia. Poi devi migliorare i tassi di conversione della rete vendita, creare materiali a supporto, creare dei contenuti… poi allora alzi il livello e vai anche on-line. Non è che voglio fare l’ipocrita, a me piace tanto il web, ho un’azienda che vende sono on-line. Però su altri progetti vado tutto off-line. Prendi Reseller da Zero o altro: ti sembra che sono on-line, ma in realtà sono totalmente offline. 

Il web può essere molto pericoloso. 

3.5.2 Definisci “Chi Sei”

Adesso voglio farti fare un piccolo esercizio. Voglio aiutarti a definire chi sei. E per definire chi sei devi rispondere ad alcune domande banalissime. 

Perché è un argomento dove il «non lo so» non è contemplato: stiamo parlando di te. Non esiste “non saper rispondere”.

Durante l’evento dei Truffavendoli, ho fatto passare il microfono in sala per fare questa domanda e capire un po’ il livello di consapevolezza del sé sul mercato. E questo è quello che è venuto fuori.

Dario: «Buonasera a tutti.»

[G] Ciao Dario!

Dario: «Sono Dario Marolo di Bari. Lavoro per la Eureka Gas & Power.»

[G] Rispondi a questa domanda, che definisce in modo più preciso chi sei e dà un’idea chiara di cosa fai: a chi ti rivolgi?

Dario: «Soprattutto micro business, PMI.»

[G] Che caratteristiche hanno queste piccole aziende?

Dario: «Un consumo non troppo elevato.»

[G] Un consumo “non troppo elevato” che numero è?

Dario: «10 mila kilowattora.»

[G] Su che territorio operi?

Dario: «Territorio nazionale, prevalentemente Puglia.»

[G] Puglia! Quindi vi rivolgete ad attività commerciali che consumano almeno 10 mila kWh in Puglia

Dario: «Sì.»

[G] Ok. Quali altre caratteristiche hanno queste PMI?

Dario: «Pagano con RID.»

[G] Bene. Gli imprenditori che incontrate che età hanno di media? Lo so che varia, però dammi un intervallo.

Dario: «L’età varia… diciamo che vanno dai 30 ai 50 anni.»

[G] Chi è il tuo migliore cliente? Te lo ricordi? Come si chiama, voglio nome e cognome. O il nome solo dai…

Dario: «Alessandro.»

[G] Alessandro. Quanti anni ha Alessandro più o meno, te lo ricordi?

Dario: «Una trentina». 

[G] Che cosa fa nella vita? 

Dario: «Negozio di abbigliamento». 

[G] Ha un negozio di abbigliamento. Paga con SDD preciso e puntuale? 

Dario: «Sì.»

[G] Che cosa ti piace di quel cliente? Perché il tuo cliente migliore? 

Dario: «È il mio cliente migliore perché oltre ad essere un amico si è fidato di me, e comunque ci spinge molto sul passaparola e ci fa un sacco di pubblicità.» 

La chiacchierata che ho fatto con Dario durante l’evento ci ha portato a buttare giù un profilo cliente. Un’idea, almeno. Dario si rivolge a attività commerciali del territorio pugliese, principalmente negozi, che consumano almeno 10.000, 20.000 fino ai 30.000 kWh. Negozi e piccole attività commerciali cui proprietari hanno un’età media tra i 30 e i 50, tendenzialmente (secondo me) sono uomini, che pagano con SDD, hanno un rapporto personale con Dario e che sono portati a parlare di loro ad altre aziende.

Anche tu dovresti fare questo esercizio, cercando di entrare sempre più nel dettaglio. Farti domande come “Che caratteristiche ha?”, “Cosa fa nella vita?”, “Cosa guida?”… ti servono per capire a chi ti stai rivolgendo nello specifico. È importante farlo perché ti permette di creare i prodotti giusti da vendergli (dopo vediamo come). 

Dopo Dario, è stata la volta di Salvatore.

[G] Ok Salvatore, ora non risponderai alla domanda “A chi ti rivolgi”, ma alla domanda “Che storia hai?”.

Salvatore: «Allora, sono Salvatore Grillo, MetanSud Gas Srl. Noi abbiamo una storia un pochino atipica. Siamo nati “per scommessa”, diciamo. Facevo tutt’altra cosa a quei tempi.»

[G] Che settore era?

Salvatore: «Informatico.»

[G] Informatico, perfetto. Qual è stato il momento in cui hai detto “scommetto”? Per farti capire, io lo ricordo perfettamente. Era il 13 Marzo 2012. Era il mio compleanno e lavoravo in Pandora. Mi ero talmente stancato. Oltretutto si stava avviando la cassa integrazione e giravano voci che il nuovo direttore volesse licenziarmi. E così fu. Disse che “non riuscivo a comandare l’azienda”. In quel momento decisi di dare una svolta alla mia vita. Registrai il dominio energypolis.it, e nacque EnergyPolis. 

Me lo ricordo esattamente, e sono sicuro che anche tu ti ricordi esattamente il momento in cui hai fatto quella scommessa.

Salvatore: «È un po’ particolare la situazione, nel senso che dove lavoravo prima per alcune situazioni sono andato via, ma non chissà per quale motivo, ma perché proprio… diciamo non si era più riusciti ad avere quel rapporto che si era instaurato inizialmente. Ed mi ero deciso a ritornare a fare un’altra volta quello che facevo prima. Quindi quello che all’epoca poi ritenevo un amico, mi propose di fare questa cosa. Forse spinto da tante situazioni, accettai. E siamo partiti. Lo sai meglio di me, questo è un settore dove bisogna avere un pochettino di grana per poter lavorare… ecco, noi siamo partiti senza avere nemmeno un euro. E oggi siamo ancora sul mercato.»

[G] Molto bene Salvatore. Quindi qual è la storia di Metansud? 

Salvatore: «La storia è che noi siamo nati ufficialmente nel 2014 e abbiamo iniziato nel 2015 prima nel settore del metano – tant’è vero ,“Metansud” per questo motivo qua – e poi nel 2017 siamo entrati anche nel settore dell’energia. Oggi abbiamo tra tutti e due le utility 5.000 clienti, 6.000 clienti, e stiamo avendo un trend di crescita abbastanza importante». 

Raccontare la nostra storia è sempre molto complesso, ma è il modo più semplice che abbiamo per farci conoscere. 

Nel caso di Salvatore siamo davanti ad un’azienda partita da zero. Da una scommessa. Forse da una delusione… da una situazione particolare che ha fatto scattare la scintilla e ha portato due persone con “niente in mano” a credere in un sogno comune. Rimboccarsi le maniche… e aprire il primo sportello territoriale. Sviluppando l’attività commerciale, dopo 4 anni gestiscono circa 6.000 clienti. 

Vedi, la storia non è solo di risultati. La storia è principalmente di fallimenti. Dobbiamo raccontare tutti i nostri fallimenti, perché è quella la parte in cui le persone si immedesimano e si affezionano.

Le aziende che fanno successo immediatamente, purtroppo, non “attraggono” il cliente né lo scuotono dal punto di vista emotivo. Non si crea una connessione. Ci deve essere qualcosa di umano. E cosa c’è di più umano del fallimento? 

Dopo Salvatore, è stata la volta di Mirko.

[G] Mirko, dimmi un po’: in cosa siete specializzati?

Mirko: «Siamo specializzati, oltre ovviamente a vendere nel settore energetico, sul controllo delle fatture, dell’applicazione protetta e su tutto quello che riguarda il regime fiscale. Parliamo di accise, recuperi per esenzioni, esclusioni e riduzioni.»

[G] Per me tu sei specializzato nel far recuperare soldi ai clienti dall’errata o mancata applicazione delle agevolazioni fiscali inerenti principalmente il gas.

Mirko: «Esatto, e lo abbiniamo al contratto.»

Hai visto come ho raccontato in maniera diversa la loro specializzazione? Sono partito dal beneficio che dai al cliente: “specializzati in far recuperare soldi ai clienti attraverso il controllo delle fatture, dell’applicazione protetta ecc…

Dopo Mirko, è toccato a Francesco.

[G] Francesco, chiedo a te: che risultati avete raggiunto in azienda nei primi 6/7 mesi di attività?

Francesco: «Allora… abbiamo raggiunto un risultato secondo me buono. Diciamo che ad Aprile fattureremo 1.300 clienti, più o meno.»

[G] Sì. È un risultato che comunque mi rende orgoglioso del lavoro che abbiamo fatto, ti sponsorizzo alla grande per questo risultato. Però è chiaro, diciamo che noi abbiamo un un’ambizione, un background che ci consente comunque di guardare più in alto e quindi siamo carichi per quello che sarà da domani in avanti. E secondo te perchè avete raggiunto quel risultato? Qual è la scintilla che vi permette e vi ha permesso di raggiungere questo risultato in sei mesi? Qual è la parola chiave? 

Francesco: «Guarda, io penso la parola la parola chiave è “cuore”. Io vedo nel mio nel mio team finalmente un attaccamento diverso rispetto alla solita solfa che facevamo prima, quella del commerciale diciamo “un po’ aggressivo”… vedo un modo di fare, un attaccamento sicuramente diverso. E non parlo solo dei commerciali, parlo anche del team interno. È un mondo totalmente diverso.»

Raccontare il “cuore” delle aziende nello storytelling, abbinato ai risultati, è di una potenza incredibile. E il cuore delle aziende sono principalmente le persone, sono il team. Per questo dico sempre che raccontare l’azienda facendo vedere le persone che la compongono, la passione che ci mettono nel raggiungere quei risultati, è qualcosa di potentissimo. 

Gli ultimi sono stati i ragazzi di Tecnoklima, che ancora non sono nel settore dell’energia, e c’hanno dato un’idea diversa

[G] Ragazzi, prima ditemi cosa fate e poi piacere raccontatemi il vantaggio che offrite ai vostri clienti attuali

Antonio: «Buonasera, sono Antonio della Tecnoclima di Empoli e ci occupiamo di manutenzione caldaie. Ci stiamo avvicinando a questo settore perché vediamo la concorrenza più grossa che vuole entrare nel nostro, di settore. E quindi l’abbiamo pensato come un fattore per difenderci principalmente. E più ci inoltriamo in questo settore, e più cerchiamo di capire quali sono poi le problematiche hanno, perché ci siamo accorti che ci sono delle fregature nelle bollette. Quindi la nostra missione sarebbe quella di legare il cliente a noi dandogli anche un servizio sulla bolletta.

[G] Quindi siete entrati nel settore per “difesa”. Avete visto che le aziende di fornitura di energia elettrica e gas si son messe a vendere le caldaie… a sto punto vi siete voluti difendere ed entrare nel mercato dell’energia dando qualche servizio in più (di questa cosa ne parleremo meglio quando affronteremo più tardi l’argomento “Posizionamento”).

Visto? Per scrivere il “Chi siamo” basta veramente rispondere a queste domande. Certo, non è una cosa immediata… però parliamo di te. In particolare, ci sono due punti importanti da sviluppare: 

  1. la storia e i risultati raggiunti; 
  2. in che modo e in quanto tempo puoi dare un vantaggio ai tuoi clienti. 

3.5.3 I 5 errori che mettono a repentaglio la tua reputazione.

Una volta che hai chiaro Chi Sei e cosa vuoi comunicare, allora puoi dar vita alla tua strategia di Personal Branding che poi, con il tempo, diventerà il boost più potente per la tua azienda. Prima di iniziare a FARE, credo sia importante metterti in guardia, come sempre, dagli errori che non devi assolutamente commettere.

ERRORE 1 : Non fare il guardone

Io a volte esagero e chiamo chi mi segue sui canali social un pubblico di “guardoni”. Chi è il guardone lo sai, sì? È quello che vuole “provare piacere”, vuole avere uno stimolo sessuale di un certo livello… non ha il coraggio di fare determinate cose… e allora si mette dietro la siepe così e guarda altri due che fanno gli zozzi

Questa è una cosa che a lui piace. Però, materialmente parlando, non è che “la chiude”. L’atto in sé non l’ha fatto lui. Si è limitato a guardare. E io questa cosa la vedo sul mio pubblico. 

Ai Truffavendoli di Marzo c’erano 100 persone in sala. Ora, io guardo le persone che hanno messo like, che commentano, che condividono i miei post, che leggono i miei articoli… e il rapporto con i risultati che ho delle persone in sala e delle persone iscritte alla newsletter… mi fa storcere il naso.

Le persone che mi seguono mi danno sempre meno feedback dei risultati che ottengo. Pochi commenti… 5 like, 10 like al giorno… però visualizzazioni 3.000, 4.000, 5.000… cioè, se ne stanno lì a guardare, a leggere, a vedere i video… però il commento, la condivisione sono difficili da ottenere. Perché? 

Perché le persone si devono esporre troppo e hanno paura a farlo

E cosa ci fa capire questo? Che in qualità di aziende, le persone che le guidano cercano di raggiungere l’obiettivo all’azienda facendo esporre gli altri. Stanno lì a guardare, sono i guardoni della loro azienda.

Hanno gli agenti che vanno dai clienti e loro stanno lì a guardare: «Ahhh, abbiamo chiuso il contratto oggi, ottimo». Spesso gli viene il dubbio e dicono: «Fammi andare a vedere quanti ne abbiamo chiusi oggi» e trovano il venditore (e io questo l’ho vissuto sulla mia pelle) che fa 100 contratti in un mese… e questi non lo chiamano! Nessuno che lo chiama e dice: «Ascolta, mi fai capire come hai fatto?». Al contrario pensano: «Fino a quando ha fatto 100 contratti al mese meglio stare zitti, così continua». Come li ha fatti questi 100 contratti? Non si sa. E non si sa perché la gente si limita a guardare. 

Purtroppo funziona così, e adesso ti spiego anche perché.

ERRORE 2 : La “Sindrome del Papavero”

Devi sapere che ci sono questi bellissimi campi di papaveri e chi coltiva questo bellissimo fiore tende a tagliare i papaveri più alti, quelli col gambo più lungo, che sono teoricamente anche quelli più belli. Sai perché vengono tagliati quelli più alti?

Perché per chi guarda quel campo, il papavero alto, bello, toglie visibilità, caratteristiche e bellezza ai papaveri piccoli. Se esiste il papavero più alto e più bello, quello piccolo che gli sta accanto non apparirà più tanto bello. E quindi tendiamo a tagliare questi papaveri alti. 

Francesca, la mia compagna, che è di una bontà, gentilezza e pulizia d’animo fantastica, quando vede un bel ragazzo mi ripete sempre la battuta che fa Simone Schettino (che un comico napoletano), e mi dice: «Ma si chill’ è n’omm, tu c’si’?». In italiano sarebbe: «Ma se quello là rientra nella categoria di uomo ed è bello, ma tu… che sei?». Perché ovviamente io messo accanto a un bel ragazzo sono “svantaggiato”. Se lui è categoria uomo, io non posso essere nella sua stessa categoria. Quello magari è bello, alto, muscoloso, figo, ecc…

Ecco: il meccanismo nel business è molto simile. Quando vediamo una persona che ha successo, in qualche modo ci demoralizziamo. Non guardiamo alla possibilità di raggiungere quella persona. Tendiamo a dire: «Cavolo quanto faccio schifo». «Cavolo quanto sto fallendo». «Come vorrei avere le sue stesse caratteristiche, le sue stesse qualità». «Perché non posso essere io? Se mi metto a fare anche io le stesse cose sue, ma la gente mi riderà dietro!”. 

Amico mio, voglio che tu sappia che la verità è un’altra. La verità è che noi ci sottovalutiamo sempre e costantemente. Abbiamo paura del giudizio altrui. Ma il giudizio altrui nel business è quello che muove, è ciò che ci permette di andare avanti. 

Pensare di pubblicare un post e di non ricevere commenti, non ricevere like, non ricevere condivisioni e dire «Faccio il primo e non ricevo nulla. Faccio il secondo e non ricevo nulla. Faccio il terzo non ricevo nulla… mi fermo perché faccio schifo», assolutamente no. Devi uscire da questo loop mentale. 

Perché quando io – dopo anni di esperienza, di conoscenza – il 13 maggio del 2017, decisi di pubblicare la mia prima serie di articoli, nessuno mi conosceva. Non avevo fatto chissà che cosa nella vita. Avevo raggiunto i miei risultati ma nessuno mi considerava. Ero un ragazzino come tutti gli altri. Eppure, dopo due anni e rotti, eccomi qui. Il primo articolo ha avuto qualche commento, qualche post, qualche mi piace, qualche condivisione… poi da buon paraculo, ho usato qualche strategia particolare per aumentare il disappunto dei miei colleghi (e ti spiegherò come fare anche questo), quindi piano piano sono riuscito ad ottenere qualcosa. Ma ci sono voluti almeno sei mesi di post tutti i giorni, articoli una volta a settimana, video girati… a quel punto le cose hanno cominciato a girare. 

Ma attenzione! Non l’ho fatto con l’azienda: l’ho fatto con la persona. E il problema principale da superare quando iniziamo questa attività è fatidico “Di cosa parlo?”. Fai una cosa per rompere questo blocco. Domattina vorrei tu scrivessi un post su LinkedIn o su Facebook e che tu lo pubblicassi. Non sul manuale eh, non devi pubblicizzare ciò che stai leggendo. Scrivi di qualcosa di inerente al tuo business. Dattelo come impegno: domani mattina un post business inerente la tua attività. 

Ecco, probabilmente questa cosa non la farai. E il perché l’abbiamo appena visto. C’è questo ostacolo da superare, la paura di essere giudicati o di dire qualcosa per cui è possibile essere presi in giro.

Quando comincerai a metterci la faccia e a scrivere tutti i giorni, a “scendere in piazza”, magari i risultati non arriveranno subito… ma le cose cambieranno più presto di quanto credi.

ERRORE 3 : Fare il tuttologo

Un altro errore da evitare quando avvierai la tua attività di personal branding, è quello di diventare un tuttologo. Vietato fare il tuttologo.

Io quando vedo Sgarbi mi viene in mente lui che parla di: arte, politica, figa, innovazione, figa, innovazione, politica, figa, politica, innovazione… Sgarbi parla di tutto. E ho preso a riferimento lui per esortarti a fare l’esatto contrario: non puoi (ma soprattutto non devi) parlare di tutto. 

Non puoi essere quello che ne sa di vendite, quello che ne sa di organizzazione aziendale, quello che ne sa anche di PNL, di tecnologia, di modelli di business, di prezzi, quello che sa comprare,, ecc… no. Non puoi parlare di tutto. Perché se parli di tutto, non darai alle persone la possibilità di ricordarti veramente (e non pensare «Eh ma Sgarbi la gente se lo ricorda», quello è un altro sport).  

Per esempio, a me piace tanto il Forex. Mi piace il trading, le analisi tecniche… detto francamente, come livelli e modelli di training posso insegnare a tanti. Ma quando nel gruppo dei Truffavendoli si apre la discussione prezzi e trading, se ti è capitato di farci un giro dentro, hai notato che io non intervengo mai? Appena si apre il post con i prezzi o con il trading, io non apro bocca. Sto zitto. Anzi spesso dico «Io sono un ignorante in materia». 

Eppure ne so di cose. Però non mi azzardo a dire nulla, e sai perché? Perché non devo far passare il messaggio che «Giuseppe sa qualsiasi cosa ». Non è questo il mio scopo. Giuseppe si è fatto il suo canalino che è “marketing”. Non va mai nella vendita. Non parla mai di trattativa, di obiezioni, cosa dire al cliente in quel momento, quali parole usare… perché non è la mia capacità. A dirla tutta, non sono mai stato venditore. Potrei insegnare anche lì, siamo d’accordo, ma non so come si gestisce la trattativa uno a uno. Eppure le trattative uno a uno le so fare. Così come quando si parla di prezzo, analisi della bolletta, risparmio… eppure ho realizzato il primo simulatore di fattura. Nel 2008 mandai la fattura a E-ON che non fatturava da otto mesi. Simulai la fattura con Excel. Oggi è il non plus ultra del mercato. Quindi so una bolletta più o meno come si elabora, come si calcola… ma non entro MAI in quegli argomenti. E tu devi fare come faccio io.

ERRORE 4 : Non parlare troppo della tua vita privata

Ultimo argomento (soprattutto se usi Facebook, e dopo vediamo come usarlo al meglio): non parlare della tua vita privata. Non mettere le foto dei gattini. 

Non farti la foto che sei al ristorante a mangiare la bella zuppa di fagioli o al ristorante stellato chic. “Fregatene” della tua vita personale. Quando ti viene da pubblicare qualcosa pensa a questo: «Fra 30 anni questa roba la vedrà mia figlia o mio figlio. Ne sarà soddisfatto? Sarà orgoglioso di quello che ho fatto?». Prima di schiacciare il tasto “Pubblica”, fai mente locale. Questa era la versione “nazista”, la versione cattiva.

In realtà puoi usare la tua vita privata (io per esempio lo faccio molto soprattutto lato marketing delle aziende). Perché puoi mostrare ad esempio il “dietro le quinte” dell’azienda. L’interno. Come funzionano alcune procedure. Cosa fanno i ragazzi. Il “team day”. Per dirti che puoi parlare della tua vita privata, ma quella parte di essa legata al mondo del business. 

Come ti anticipavo prima: hai un profilo Facebook personale? Ti farà piacere sapere che Facebook ti da la possibilità (oltre a quella del lookalike e altre migliaia), di dire «Questi contatti rientrano in un gruppo che è il gruppo “Lavoro”. Questi contatti entrano il gruppo che si chiama “Famiglia”. Questi contatti nel gruppo che si chiama “Amici. Questi sono del gruppo “Pallone”» ecc… Quando pubblichi un post, puoi decidere chi lo vede. Quindi vuoi fare la foto del gattino? La puoi far vedere agli amici. Fai un post su una partita finita male con scritto « Io t’ammazzo! Vedi che se t’acchiappo! Con te ho appena iniziato!» e lo fai vedere solo agli amici del calcetto, e così via. I post che invece vuoi far vedere per il lavoro, li fai vedere solo a quelli del lavoro. Questo strumento ti permette di dividere la tua comunicazione. 

La versione più soft di quello che ti ho detto prima: puoi parlare del gattino, di Cristiano Ronaldo, del Napoli, dell’Inter ecc… ma segmenta la tua lista di amici. Solo così inizierai un percorso che ti porterà ad essere l’immagine della tua azienda.

ERRORE 5 : Parlare di sport, politica e religione. 

Considera che questi sono i tre argomenti che personalmente studio di più.  Ho scritto un articolo sul sequestro Moro e Brigate Rosse. Sono un appassionato di politica che veramente, potremmo parlarne per giorni interi anziché parlare di marketing. Comunicazione politica, progetti, ciò che vuoi. Sono un appassionato. Detto questo, secondo te, ogni tanto mi viene questa cosa di voler partecipare alle discussioni su questi argomenti? Certo che sì. Però mi do un freno. 

E il motivo è semplice: non è un’attività che mi fa raggiungere risultati. Anzi. Mi fa schierare su una cosa che non mi risolve un problema del mio business. Non è che se dico: «Io voto 5 Stelle o Lega» ne traggo beneficio in termini di business. È più probabile il contrario, ovvero mi porto a casa qualche antipatia. Stessa cosa per lo sport. Ho scritto di sport, ci sono gli articoli che parlano ad esempio della Ducati, della Juve… ma li porto sempre verso il mio mondo, quello dell’energia, senza mai schierarmi. Stessa cosa vale per la religione. 

Questi sono i tre argomenti che creano più contrasto in assoluto. Se ti metti a parlare di queste cose su Facebook e su LinkedIn è normale che, se stai provando a pompare il tuo personal brand, questa cosa ti fa fare uno schianto verso il basso. 

Ora, se sei fermamente cattolico e ci tieni tanto ti chiedo scusa prima. Non bestemmierò, ma tra poco ti mostrerò un’analogia tra chiesa e marketing che potrebbe aprire i tuoi occhi come li ha aperti a me quando l’ho notata per la prima volta.

La religione – così come la politica e lo sport – è uno degli argomenti che portano le persone ad ammazzarsi senza trarne un beneficio diretto. E questo vale sia per la religione, che per il calcio che per la politica. 

Ebbene, hai mai visto un tifoso vincere la Champions League? Dico proprio vincerla personalmente? No. Se ne sta sul divano, urla quando la sua squadra fa gol, e poi: «Abbiamo vinto la Champioooooons!». Purtroppo non è così. La squadra vince la Champions. I giocatori possono dire di aver vinto la Champions League. Non il tifoso. 

Ancora: noi votiamo, giusto? Ecco: hai mai visto un elettore vincere le elezioni? No. Né è mai esistito un momento in cui quel suo voto gli ha dato un beneficio diretto immediato.

Da ultimo: quante persone ricevono la grazia e quante persone muoiono? Statisticamente il risultato dato, promesso dalla religione, non viene rispettato. Certo, c’è l’ipotesi del dopo, tuttavia non ne abbiamo certezza… però non ne traiamo un beneficio immediato personale. 

In tutti e tre questi argomenti c’è una sola parola che li unisce: la fede

La fede ha un principio molto vicino con una parola che abbiamo visto spesso dall’inizio del manuale ad ora, che è “fiducia”. Voglio usare la religione per farti capire questa cosa perché è il modo più semplice per consegnarti “chiavi in mano” il modello che devi adottare. 

Vaticano SpA: Il miglior modello di Marketing al mondo.

Partiamo dalle basi. Nella religione esiste un fondatore storico che rappresenta “il fondatore dell’azienda”: Gesù. Dato che a 33 anni è asceso, ha consegnato una missione alla sua “azienda”. Per poterla perseguire, oggi esiste una persona chiave influente (che combacia con l’amministratore delegato dell’azienda “Religione”), il Papa. La sto banalizzando, continua a seguirmi senza distrazioni. 

Il Papa ha (mannaggia, questa è brutta) un “esercito di venditori” gerarchicamente organizzati. Questi venditori seguono un manuale di procedura di vendita, che si chiama Bibbia. Se volessimo fare un’analogia, la Bibbia è il manuale delle procedure aziendali e rappresenta tutto lo storytelling della missione. Racconta l’azienda, racconta la promessa, e ha esattamente le tecniche di vendita. 

Questo significa che il Papa, l’Amministratore Delegato, non deve radunare ogni volta i vescovi, i preti, ecc… per dirgli cosa devono dire. I venditori vendono l’ideologia durante un evento, che è la messa. Raccolgono i potenziali clienti, li fanno venire all’evento con la promessa all’interno. Quell’evento segue che cosa? Un rituale. Un rituale in cui si ribadisce la promessa e si tende a far ottenere un risultato. Addirittura nella religione esiste un concetto che nel marketing è potentissimo: hanno la garanzia, rappresentata dal confessionale. 

Mia mamma, che crede tanto, sa che se commette una piccola ingenuità ha la possibilità di rifarsi. Va in confessionale e si “lava la coscienza”, come dico io. Quella è la garanzia che copre il rischio “E se per caso qualcosa va storto?”. Come se non bastasse ha il meccanismo più potente in assoluto: le testimonianze. 

Voglio dire… una religione senza testimonianze, che religione è? Come si fa a seguire un Dio senza sapere che qualcun altro ha raggiunto l’obiettivo o che la promessa è stata mantenuta? 

La Bibbia presa così per com’è, è il più grande manuale di vendita perché è una testimonianza continua. Prova a leggerla se non l’hai mai fatto. Invece di convertire “L’arte della guerra” di Sun Tzu in tecniche di vendita, i marketer dovrebbero prendere spunto dalla Bibbia, perché dentro c’è tutto quello che gli serve.

Ora, questo tipo di esempio lo possiamo fare identico anche nel calcio. Identico. Ci sono le partite, ci sono i tifosi, il manuale che cos’è? Invece della Bibbia che strumento usano? I giornali. Gli album di figurine. Usano più modelli. E la stessa cosa vale nella politica uguale identica.

Perché ho preso proprio la religione? 

Per farti capire che non sono un folle o un pazzo a dirti: «Non parlare di religione», perché la religione è il modello di marketing più potente in assoluto. Andrebbe studiato, ma non devi mai commettere l’errore di parlare di religione fuori da questo “film” che ci siamo fatti adesso insieme. “Vaticano S.p.A.” è l’azienda più potente al mondo in termini di marketing. Una cosa è studiarla, ed è qualcosa di fantastico proprio. Io giuro, quando vado a casa da mia mamma, mi fermo e mi faccio raccontare tutto. Perché entro nella sua testa e mi rendo conto che, porca miseria: ha ragione lei! Sono io che sono nel torto. E perché accade questo in quel preciso momento? Perché lei è persuasa, non manipolata. Ed è giusto che sia così. Ottengono tutte e due e un risultato. 

Ecco, devi fare la stessa cosa nel marketing e nella vendita. 

Una delle poche aziende che è riuscita a creare “religione” rispetto al modello di azienda, è Apple. Chi è uomo Apple, ad esempio, si prende a mazzate contro un Uomo Android. Il pensiero è: «Android? Nooo io sono Apple. Io faccio la fila, sono lì, ci credo, compro tutti i prodotti immediatamente e sono pronto a morire pur di avere l’iPhone, che è mille volte meglio di qualsiasi Samsung». 

Ma usciamo da questo “pericoloso” parallelismo e andiamo avanti 

3.5.4 La check-list per il tuo Personal Brand

Arrivati a questo punto, ti do una piccola check-list delle cose da fare per poter avviare il tuo profilo personale da capo azienda, dipendente, manager, operation, ecc… ma prima facciamo una piccola digressione per capire bene questo concetto. 

Nelle settimane prima del corso dei Truffavendoli di Marzo ho fatto dei colloqui (come Stantup Service stiamo cercando un account manager che possa in qualche modo gestire i reseller). Ho avviato un post su LinkedIn e sono arrivati 80 curriculum. 

Fortunatamente ho automatizzato il processo di selezione e alla fine ho fatto il colloquio con dodici persone. Il grosso mi ha risposto dicendo «Mi sono candidato perché mi piacerebbe lavorare con te, mi piace il progetto dell’azienda, mi piace come la pensi, ecc…». Solo che quasi tutti, alle domande «Scrivi? Ti piace scrivere? Scrivi contenuti? Hai raggiunto risultati? Li hai condivisi?», rispondevano «Sì mi piace scrivere. No però no, non ho un blog». Ed effettivamente vado a vedere il loro profilo LinkedIn, Facebook… e non hanno mai scritto nulla. Mi devo fidare del curriculum. 

Mi rendo conto, c’è qualcuno che potrebbe tirar fuori «Sì vabbè Giuseppe,  ma per te è facile parlare, tu non devi cercare lavoro, non sei obbligato ad avere il curriculum e quindi non hai bisogno di tutte queste cosucce, scrivere i contenuti, essere presente ecc…». 

Sai cosa rispondo sempre io? Un dipendente, un manager, a differenza di un imprenditore, è ancora più obbligato ad avere un personal brand forte. Nei prossimi dieci anni il 40- 50% del lavoro non sarà lavoro dipendente. Aumenteranno i micro imprenditori che lavoreranno in consulenza con le altre aziende. Per questo i singoli dipendenti devono avere un personal branding, perché invece di avere il curriculum, quando vanno da un’azienda dicono «Io sono questo, ho fatto questo, questo, questo e quest’altro, on-line ci sono le prove». 

Non esiste colloquio che non si supera così. Il colloquio, a questi livelli, non serve neanche. Diventa una formalità. Perché tu devi arrivare a ricevere offerte di lavoro come dipendente o manager. Ti devi mettere nella condizione di essere guardato dagli altri. Non devi essere tu a cercare lavoro. E in questo il marketing ti può aiutare. Anzi, ti deve aiutare. Io non ho bisogno di trovare lavoro, ma tra un anno – toccandomi – qualcosa può andare storto. I miei soci decidono di non finanziare più, di non darmi più l’opportunità di fare il coglione su un palco… e a quel punto dovrei ricominciare da zero. Però, come disse Troisi, “Ricomincio da tre”. Perché ho un po’ di storia, c’è qualche contenuto, e non è che ho bisogno di “scrivere il curriculum”. Se io domattina rimango senza lavoro, probabilmente mi basterebbe alzare la mano. «Ragazzi sono senza lavoro, chi mi offre lo stipendio giusto per vivere?», qualcuno lo trovo. Non ho bisogno di fare il colloquio, scrivere il curriculum, ecc… 

A prescindere che tu sia un consulente, un manager, un dipendente, un imprenditore, un consulente, l’ultima ruota del carro che non so qual è il ruolo più scarso che può esistere sul mercato… segui questa check-list perché ti fa fare immediatamente un passettino in avanti.

1. Studia il tuo mercato. 

Quindi formati – e ok, stai leggendo questo manuale, sei abituato a farlo. Però ci tengo particolarmente ad insistere: studia. Dedica almeno un’oretta al giorno allo studio – è l’aspetto più importante. 

2. Cerca gli influencer. 

Cerca persone che in qualche modo parlano di un certo argomento. Seguili ed inizia ad interagire con loro, non nasconderti. Partecipa alle loro conversazioni, inizia a commentare, a consigliare, a condividere, ad elaborare i loro pensieri a farli tuoi. È il modo più semplice per prendere i contenuti degli altri e iniziare piano piano a prendere confidenza con lo strumento e superare “l’ostacolo del papavero” di cui parlavamo prima – non sarà un tuo contenuto, ma il contenuto di qualcun altro che viene commentato, consigliato, condiviso, elaborato, e quindi puoi stare più tranquillo anche mentre dici qualcosa di tuo. 

3. Individua i trend di discussione. 

Se vedi che sul mercato c’è un argomento particolare di cui si parla, una volta individuato devi elaborare contenuti su quell’argomento per farlo fruttare al massimo. Successivamente, devi partecipare in maniera attiva al confronto. «Partecipare attivamente al confronto» significa commentare, consigliare, senza avere paura. Non è mai morto nessuno per un commento. Mai nessuno ha perso il lavoro per un commento. Ora, non ti sto dicendo di scrivere cavolate, mi pare ovvio, però, di media, niente di questo è mai successo a nessuno per un commento. E sappiate che tutte le persone che in qualche modo ti guardano con occhi cattivi aspettando un vostro errore sono pochissime e per di più irrilevanti per te, quindi fregatene. 

4. Pubblica blocchi di contenuti. 

Lo vedremo nel dettaglio tra poco cosa significa “blocco di contenuti”. Per ora metti questo concetto da una parte ma evidenziato, perché molto importante. 

5. Promuoviti a pagamento. 

Tanto per essere chiari, senza soldi non si fa marketing. Non esiste l’azienda che parte senza denaro. Non esiste la persona che parte da zero e con i post organici raggiunge il successo. Non esiste. Ci vogliono i soldini per promuoversi. Devi mettere a budget soldini. Senza soldini non si canta messa. Servono. Pochi, ma buoni. Promuoverti a pagamento significa che crei dei contenuti, li elaboro, e poi li sponsorizzi per farli vedere a più persone.

3.5.5 Alcuni trucchetti per agevolarti il lavoro

Visti questi punti, vediamo una check-list di piccoli tips (trucchetti) altrettanto utili per diventare un “bomber” sui social. 

1. Vai da un fotografo professionista. 

Anche uno scarso per capirsi, ma che almeno abbia una macchina fotografica e due luci per scattarti una foto degna in cui si vedono volto e occhi (via gli occhiali da sole). Si deve vedere chi sei. Io sui social vedo profili col logo aziendale come immagine di profilo, gente con gli occhiali da sole in macchina che guida con il sorrisino, gente che sta sulla neve col giubbotto che non si riconosce chi è… credimi, le persone vedono queste immagini e dicono: «Porca miseria ma io devo parlare questo tizio non so manco chi è in faccia». 

Già internet, Facebook, LinkedIn e social in generale azzerano il contatto, se fai parlare la gente con uno che non ha volto è un problema. Fatti una bella foto e, importante, usa sempre la stessa foto. Ovunque. Io ho messo la stessa anche sui dollari distribuiti in sala, per non sbagliare. Uso sempre la foto che ho come profilo LinkedIn e come profilo Facebook. Non ti dico di vestirti sempre uguale perché mi sembra eccessiva la storia di Zuckerberg o di Steve Jobs. 

La conosci? Facci caso: Zuckerberg, che è l’unico in vita dei due, veste sempre uguale. Sempre stessa t-shirt col jeans. I motivi sono due: il primo motivo è che il brand si deve ripetere costantemente in modo che sia immediatamente riconoscibile. Il secondo meccanismo che utilizza Zuckerberg è quello di aprire l’armadio la mattina e non doversi concentrare o decidere come vestirsi. È un pensiero in meno. Deve prendere decisioni più importanti di come vestirsi la mattina. Stessa cosa faceva Steve Jobs. 

2. Definisci il ruolo che avrai pubblicamente. 

Cos’è che si vede di più su Facebook? Lavora presso: “imprenditore di me stesso”. “In cerca di occupazione”. “Retail shopper” (che vuol dire “commessa”). Ci sono ruoli incredibili. Dall’altra parte ci sono CEO e founder di chissà cosa. Dall’altro sono “imprenditore coraggioso del mondo che fa…”. Così non va bene. Devi definire un ruolo. Che ruolo hai pubblicamente in azienda? Quello deve essere il tuo ruolo ovunque. Evitate gli inglesismi. Le persone devono sapere che ruolo hai. Quanto è importante questo passaggio? Ti dico solo che LinkedIn ha aggiunto il ruolo anche quando commenti qualcosa. Prima appariva solo il nome, ora ha aggiunto anche il ruolo. Perché secondo te? Perché è maledettamente importante.

3. Scrivi la tua BIO. 

La BIO è la tua storia. Chi sei. Le tue esperienze. La tua missione. Credi sia un termine esagerato quello di “missione”? Ebbene, facciamo mente locale due secondi. Qual è il termine burocratico per indicare un’azienda? Ragione sociale. Analizziamola, ti va? Cosa ti fa venire in mente? Il motivo per cui esiste. Sembra un dettaglio, ma in realtà un’indicazione fondamentale. 

Le aziende devono esistere per un motivo. Tu conosci il motivo per cui sei sul mercato? “Dare un servizio” è un po’ moscia come ragione sociale. Serve una missione. La mia, per farti capire cosa intendo, è “rivoluzionare il mercato energetico”. Far sì che i clienti non considerino più l’energia come una tassa da pagare. È un obiettivo importante, e sto cercando di raggiungerlo attraverso Revoluce: la prima energia ricaricabile che rivoluziona il modo in cui le famiglie italiane acquistano energia per la propria abitazione. Come? Grazie ad un prezzo al kWh tutto incluso e senza costi fissi. Così sanno con esattezza quanto costa un kWh. Il totale da pagare è dato dalla moltiplicazione “prezzo per consumo”. Non esiste più la bolletta. Possono dire addio a bollette incomprensibili che non riescono a capire e vivere finalmente l’energia non più come una tassa da pagare. Questo è.

Il mio obiettivo con Reseller da Zero? Formare persone per fargli vendere senza indossare il passamontagna o sbragare sui prezzi. Si può vendere energia elettrica facendo vivere al cliente un’esperienza, così che lui possa vivere l’energia non più come una tassa da pagare. Aiutare i clienti a non vivere l’energia come una tassa da pagare creando piccoli reseller territoriali che gli possono stare vicino, possono toccarli con mano, possono avere una relazione con loro.

Qualsiasi cosa io faccia, punto ad una missione ben precisa. “Non far vivere più l’energia come una tassa da pagare”. C’è gente che mi dice «Giuse’, porca miseria, per il lavoro che fai e per il tempo che gli dedichi, dovresti essere milionario». Un motivo ci sarà se non lo sono e manco lo posso essere. Non sono ricco. Però, porca miseria, io adoro questo mestiere. E la voglia che mi ritrovo addosso esiste perché ho una missione da completare. Non ci riesco? Non fa niente. Io ci provo. Ce l’ho una Ragione Sociale

E la tua qual è? Dico, a parte avere una bella macchina, andare in vacanza, avere la bella casa e avere il portafoglio pieno, qual è la tua ragione sociale? Perché sei su questo mercato? Perché la mattina ti svegli e vai a lavoro? Perché stai leggendo questo manuale? Come lo vuoi cambiare questo mercato? La risposta è nella tua missione. 

4. Condisci il tuo profilo di contenuti multimediali. 

Non far sforzare le persone nel cercare informazioni su di te. Dagli tutti gli strumenti che hai. Devi avere delle belle presentazioni, il tuo libro delle testimonianze, la company profile fatta bene, le interviste, i video, una raccolta di articoli. Qualsiasi media, dalla carta stampata, alle e-mail, ai video, ai post… qualsiasi cosa. 

5. Aggiungi testimonianze e recensioni.

Io per esempio le metto ovunque. 

Quindi queste sono le cinque azioni da svolgere subito per iniziare, quantomeno, ad inquadrare chi siete su questo mercato. Perché come diceva Ogilvy, se non sei in grado di pubblicizzare te stesso, come pensi di poter pubblicizzare la tua azienda? Non puoi

E’ arrivato finalmente il momento di svelarti un metodo infallibile per scambiare due giorni di lavoro della tua vita per avere in cambio 3, 4, fino a 6 mesi di contenuti seri da poter raccontare ai tuoi clienti. Sì. 

CEO Revoluce | CMO Stantup Service | Rivoluzionario | Marketer | Innowattore | Formatore | Papà | Lettore | Ducatista | Teslaro | Innamorato